Karl H. Pribram “The Form Within”
Le basi neuroscientifiche del Neuro-feedback Dinamico Non Lineare e di NeurOptimal ®
Il “modello Olonomico della mente” di Karl Pribram e perché è basilare per NeurOptimal ®
Val Brown, fondatore di Zengar Institute e creatore assieme a sua moglie Sue di Ne, ha sempre indicato come decisivo per sé l’incontro con il grande neuroscienziato Karl Pribram e in particolare il suo ” Modello Olonomico della mente“, sviluppato anche grazie alle intuizioni dei fisici David Bohm e Dennis Gabor. Val Brown ha più volte esplicitato che NeurOptimal ® è fortemente basato su questo affascinante modello, e ha spesso indicato il libro “The Form Within” di Pribram come una lettura centrale per chi voglia meglio capire il neurofeedback dinamico non lineare.
Non ho potuto che dr credito a questi “indizi”, decidendomi quindi a immergermi nella lettura di questo testo magmatico, geniale, pieno di storie, di matematica e di scienza.
Qui provo a dare una traccia di lettura dei primi cinque capitoli, che ritengo fondamentali per capire il modello di Pribram e quindi capire come la metodologia operativa di NeurOptimal ® sia fortissimamente radicato in tutte le tematiche più affascinanti e di frontiera nelle neuroscienze.
Un testo non facile, ve ne do avviso, ma che vale assolutamente la pena leggere.
The Form Within – La Forma Interiore
“Una spinta importante nella nostra attuale visione mutevole dell’umanità è stata la nostra crescente comprensione di ciò che fa il nostro cervello e di come lo fa. Come sempre, in tempi di cambiamento, sono sorte polemiche. Non sorprende che alcune delle scoperte più interessanti, e le teorie che ne derivano, vengano poi messe sotto il tappeto. In The Form Within mi sono divertito a collocare queste controversie all’interno del più ampio contesto della teoria della complessità, incorniciato da due modi di fare scienza dal tempo della Grecia classica ad oggi. All’interno di tale cornice porto alla luce risultati che meritano la nostra attenzione e che vengono ignorati e chiarisco le ragioni per cui vengono ignorati.
Fondamentale per qualsiasi comunicazione della complessa attività interiore del nostro cervello e della sua interazione con il mondo in cui navighiamo è il concetto di “forma”: la forma interiore. Siamo nel bel mezzo di una rivoluzione dell’in-forma-zione (“in-form-ation”), iniziata nella seconda metà del 20° secolo, che sta sostituendo la rivoluzione industriale del 19° e dell’inizio del 20° secolo. La rivoluzione industriale aveva creato un vasto sconvolgimento attraverso l’impatto dei cambiamenti avvenuti nel nostro mondo materiale. La rivoluzione dell’informazione che è ora in corso sta cambiando la forma stessa, i modelli di come navighiamo in quel mondo.”
Comincia così il testo di Pribram, e già capiamo che ci sarà di più che il racconto di una ricerca scientifica nei misteri del funzionamento del cervello Pribram vuole affrontare di petto il tema della “complessità” e lo fa ingaggiando con quanto di più complesso probabilmente esiste: la mente umana, il fenomeno della coscienza, il “perché e come so che ci sono”. Lo fa partendo da questo primo concetto fondamentale: la “forma interiore” che dà il titolo al libro.
È centrale per tutto il libro la distinzione che Pribram fa tra due accezioni della parola “Forma” che già compare nel titolo del libro. Pribram asserisce:
– “Form” forms two currents: form as shape and form as pattern
La traduzione letterale è:
– La “forma” forma due correnti: la forma come forma e la forma come modello
Affascinante e altrettanto ingarbugliato… Io ho provato a rendere questo evidente calembour in questa maniera:
– La “forma” ha due accezioni: la forma come sagoma e la forma come modello.
Si tratta cioè per Pribram di smettere di indagare la “forma” delle cose nella loro accezione materiale (la forma-sagoma-shape) ma per indagarne il modello informativo, il “come si dispongono le cose a formare_una_forma_che_ha_e_dà_senso (la forma-modello-pattern). E qui si capisce che il viaggio scientifico di Pribram sfiora la filosofia, o forse ci si immerge. Il testo di Pribram è quello di una grande mente scientifica che assolutamente vuole capire “come vanno le cose” quello che più volte l’autore chiama “the particular go-to of it“. È affascinante seguire Pribram in questo viaggio di indagine e scoperta ma in parte non è necessario che davvero capiamo davvero tutto nel seguirlo. Il particular go-to of it qualche volta ce lo possiamo perdere, tra linguaggio scientifico, neuro-fisiologia, matematica dei sistemi non lineari e scorribande nella filosofia. Ma non è, paradossalmente, così importante: come sottolinea più volte Val Brown nei suoi interventi invece Val e quindi NeurOptimal® non ha, in qualche senso, interesse al “go to” cioè al “reale funzionamento” ma a intercettare il “modello” cioè “la forma” di funzionamento della nostra mente e a crearne uno “specchio” attraverso NeurOptimal ®. Potrei forse dire, forzando un po’ magari, che NeurOptimal ® semplicemente si pone l’obiettivo di “replicare la matematica” del cervello per fornirgli uno specchio sufficientemente chiaro per potersi auto-addestrare. Questa è l’idea che mi sono fatto e secondo cui qui di seguito proverò a mettere in evidenza i principali passaggi dei primi cinque capitoli di questo libro.
Tracce di lettura di “The form within” – “La forma interiore”
Nel Prologo e nella Prefazione a partire Pribram parte dalla passione che Clerk Maxwell, quello delle “equazioni di Maxwell” che modellano in maniera sublime l’interazione elettromagnetica, per avere una spiegazione profonda dei fenomeni della realtà: cioè quel particolare necessità di conoscere il “go to” che appassiona anche Pribram e che ho nominato poco sopra. Mette questa passione all’interno dell’evoluzione delle neuroscienze cioè nell’avventura umana di scienziati che si spingono sempre più aventi, tra tentativi errori e successi, nella comprensione del mistero della mente umana e, in ultima analisi, del fenomeno della auto-coscienza dell’uomo, cioè del “sapere che ci sono”.
Introduce quindi il concetto della scoperta della “forma” che leitmotiv del libro e della sua ricerca verso la “crescente comprensione di ciò che fa il nostro cervello e di come lo fa”. Indica cioè come “fondamentale per qualsiasi comunicazione della complessa attività interiore del nostro cervello e della sua interazione con il mondo in cui navighiamo è il concetto di “forma”: la forma interiore”. Propone cioè che come si dispongono le informazioni a formare un modello cioè la loro forma sia l’elemento essenziale attraverso cui la mente umana capisce e gestisce la complessità. È qui che introduce la fondamentale distinzione tra “la forma come sagoma e la forma come modello”: chiaro che Pribram è interessato alla forma-modello (“pattern”) e meno alla forma-sagoma (“shape”) cioè non a un approccio spaziale-material(ista)-euclideo ma a un approccio matematico-vibrazionale-pitagorico.
L’approccio alla conoscenza come “studio delle frequenze” lo porta a esplorare il mondo delle “trasformazioni matematiche”, cioè a sondare quelle proprietà matematiche che possono semplificare il nostro approccio alla realtà. Come dice Pribram: “La risoluzione della nostra domanda “cosa fa il cervello e come lo fa” si basa sulla nostra capacità di discernere, in casi specifici, le trasformazioni, i cambiamenti nelle coordinate, che mettono in relazione il nostro cervello con i suoi sistemi sensoriali e motori e i modi in cui i diversi sistemi all’interno del cervello si relazionano tra loro”.
Nel paragrafo “Il primate corticale” usa l’esempio delle pitture preistoriche di Altamira come primo punto nella storia in cui emerge la capacità dell’essere di tradurre la realtà in una “forma” cioè in un “modello” affascinante e unico. Disegnare un animale è farne un modello, cioè capirlo meglio e poterne “prevedere il comportamento”, o, come dice Pribram: “formulare l’anticipazione del loro verificarsi ha dato un significato alle nostre osservazioni; cioè, hanno formato modelli prevedibili”.
Nel paragrafo “Forma come “Sagoma” e forma come “modello” (Form as Shape and Form as Pattern)” Pribram approfondisce la dualità tra il modello Euclideo e il modello Pitagorico spiegando come il primo è puramente descrittivo cioè “dice quello che dice e nulla più”, mentre il secondo, il modello pitagorico che è anche quello adottato da Pribram, è predittivo perché contiene la formulazione di un modello che può aiutare a estendere la nostra comprensione della realtà.
Questo ci interessa perché NeurOptimal® guarda alla nostra mente-cervello proprio come un modello matematico-pitagorico e quindi vede la mente come un processo che si evolve e adatta usando “processi ‘auto-organizzativi’ proattivi e dinamici che si verificano nel nostro cervello e portano a perfezionare progressivamente le nostre osservazioni, e quindi a perfezionare gli obiettivi delle nostre azioni e la diversità delle nostre percezioni”. Il cervello cioè non è statico come un triangolo euclideo ma vibrate e evolutivo come una corda di violino pitagorico: è il passaggio da modello “lineare” al modello “dinamico non lineare” che è al centro di NeurOptimal®: il cervello di “auto-organizza” mediante una “sincronizzazione attraverso il caos”.
Tutto il “Capitolo 1” esplora in ogni forma possibile i modelli che si formano nella corteccia del nostro cervello. In particolare Pribram, passo dopo passo, porta a evidenziare un cervello che opera sì come “somma di parti differenziate” ma ancor più come un “tutt’uno” in cui ogni parte contiene e riflette il tutto: getta cioè le basi del suo “modello olonomico”. Mette in evidenza come i suoi studi fondamentalmente volessero scoprire innanzitutto “se processi comportamentali separati come la percezione, il pensiero, l’attenzione e la volizione fossero regolati da sistemi cerebrali spazialmente separati, ‘moduli’ nella terminologia odierna, o se tutti questi comportamenti fossero regolati da modelli di processi distribuiti in tutto il cervello”.
Per far questo percorre, nei diversi paragrafi del capitolo, i diversi esperimenti compiuti da lui stesso e da altri scienziati, per comprendere la relazione tra i processi di alto livello (la cognizione e la coscienza) e i diversi processi sensoriali. La tendenza di molte delle neuroscienze è di mappare i singoli processi in determinate aree spaziali del cervello: un approccio quindi “euclideo” in cui i processi superiori sono “messi insieme” dai processi sensoriali combinati in un processo bottom-up. Il suo contributo, non negando l’importanza della mappatura delle funzioni nelle aree del cervello, va invece nella direzione di sottolineare che i processi cognitivi “alti” a loro volta “informano e influenzano” i processi sensoriali che da soli non possono dar pienamente conto dei fenomeni della coscienza. Il suo è quindi un approccio anche top-down e questo ci interessa perché è anche il modo di agire degli algoritmi di NeurOptimal® che, guardando alle mente-cervello nel suo insieme, gli forniscono le in-forma-zioni necessarie a cambiare ed evolvere i propri modelli cognitivi/comportamentali/sensoriali.
Pribram si accinge quindi a un’appassionata disamina dei modi di comprendere la mente-cervello che man mano si creano nelle neuroscienze, e cerca di passare da un modello, da lui stesso inizialmente adottato, di “mappature funzionali” a una comprensione più generale che è quella del modello olonomico. E anche qui è importante capire questo shift di modello perché è quello che porta NeurOptimal® non a fissarsi su un modello di funzione-disfunzione-diagnosi-rimedio ma a proporre un approccio più ampio in cui il “benessere generale” è ottenuto guardando al cervello-mente da un punto più alto in cui i processi informativi messi in atto dal neurofeedback on dinamico lineare man mano permettono l’evoluzione della persona-mente-cervello nel suo complesso e nella sua fondamentale unitarietà.
Come efficacemente scrive Pribram “la correlazione tra un gallo che canta e il sole che sorge ha bisogno di un contesto copernicano all’interno del quale possa essere compresa. qui in The form within, fornirò il contesto all’interno del quale le correlazioni rivelate dalla tecnica dell’imaging cerebrale devono essere viste al fine di cogliere le complesse relazioni tra la nostra esperienza, il nostro comportamento e il nostro cervello“. Questo è l’intento di Pribram prima, di Val Brown poi, e buoni ultimi di noi neuro-trainer NeurOptimal® quando ci rapportiamo con i nostri clienti, il cui stesso interesse è se vogliamo alla fin fine “cogliere le complesse relazioni tra la loro esperienza, il loro comportamento e il loro cervello”.
Nel “Capitolo 2” vi è un approfondito viaggio nella storia di come il modello olonomico si è man mano chiarito nella comprensione di Pribram. Non riprenderò qui punto per punto i vari passaggi: interessante soprattutto la visione tracciata dal paragrafo “Forme del cervello: Gestalt” e i paragrafi “I microprocessi, finalmente” e “Onde cerebrali, modelli di interferenza e olografia” in cui ci si avvicina a capire come il “processo olografico” è implementato nel cervello attraverso i dendriti e come “l’attività elettrica che si verifica in questi rami a fibra fine come la formazione di un fronte d’onda” in maniera analoga alla “registrazione di modelli di interferenza su pellicola fotografica” ottenuta dal processo olografico studiato da Dennis Gabor e implementata da Emmeth Leith. Da non perdere in tal senso i paragrafi “Cos’è il processo olografico?” e “Provalo tu stesso” : in particolare quest’ultimo descrive un esperimento da condurre in casa con un proiettore si parla di un proiettore di diapositive, ma va bene un proiettore da PC) e con un paio di occhiali: questa visualizzazione, che se ben capita e sperimentare possiamo anche raccontare ai nostri clienti ci aiuta davvero a capire come “tutta l’informazione è presente dovunque e on immagazzinata in un luogo solo” che è la più semplice formulazione che possiamo dare al “modello olonomico” e anche del principio su cui si basa il funzionamento di NeurOptimal®. Va la pena di tradurre e riportare qui il testo di Pribram che descrive questo esperimento, che consiglio a tutti di fare: è addirittura “rivelativo“!
“Puoi dimostrare in modo semplice e diretto come funziona il processo olografico utilizzando un normale proiettore di diapositive. Proietta l’immagine di una diapositiva su un grande schermo bianco e quindi rimuovi l’obiettivo del proiettore di diapositive. Ora non vedi nulla sullo schermo se non una grande sfocatura bianca brillante di luce diffusa. Ma se prendi un paio di normali occhiali da lettura e li tieni nel fascio di luce tra il proiettore e lo schermo, vedrai apparire due immagini sullo schermo ovunque tu posizioni le due lenti dei tuoi occhiali. Indipendentemente da dove tieni gli occhiali da lettura nel campo di dispersione della luce proiettata, le due lenti creeranno due immagini distinte della tua diapositiva originale sullo schermo. Se vengono utilizzati quattro obiettivi, sullo schermo appariranno quattro immagini. Un centinaio di obiettivi produrrebbero un centinaio di immagini. L'”informazione”, il modello contenuto nell’immagine originale, in assenza della lente, si diffonde, si disperde. L’obiettivo ripristina l’immagine. Come indica la dimostrazione utilizzando il proiettore, lenti come quelle nei nostri occhi o nel proiettore di diapositive compiono una trasformazione sulle “informazioni” che sono sparse nella luce: schemi che sembrano essere irrimediabilmente annientati sono infatti ancora presenti in ogni porzione di luce diffusa, come dimostrano le prove dall’uso delle lenti per occhiali.
Gabor ha basato la sua procedura olografica sulla trasformazione delle coordinate spaziali e temporali della nostra esperienza, all’interno delle quali navighiamo ogni giorno della nostra vita, in uno spettro di modelli di interferenza. La mia speranza fin dai primi giorni della mia ricerca era ormai stata realizzata: che un giorno avremmo potuto raggiungere una comprensione della forma in termini di spettri simili a quelli che avevamo per la nostra percezione degli spettri di colore“.
In questo contesto sono di particolare importanza gli esperimenti di Russ e Karen DeValois che hanno dimostrato che “l’elaborazione spettrale del colore e l’elaborazione spettrale dei modelli devono intrecciarsi nel cervello”. Questo tema, come altri relativi alla matematica del modello di Pribram, è molto ben approfondito dall’articolo di Jeff Prideaux “Comparison between Karl Pribram’s ‘Holographic Brain Theory’ and more conventional models of neuronal computation” (Confronto tra la “Teoria olografica del cervello” di Karl Pribram e modelli più convenzionali di calcolo neuronale) reperibile online qui: https://www.acsa2000.net/bcngroup/jponkp/
Il “Capitolo 3” Pribram analizza “i risultati sperimentali che hanno fornito sostanza ai processi di auto-organizzazione nel cervello”. Sono temi importanti per noi trainer NeurOptimal® perché spiegano quel processo di “riorganizzazione-sincronizzazione attraverso il caos” che sta alla base dello strumento .
Nella citazione iniziale di capitolo tratta da T.H.Bullock, Pribram suggerisce di guardare ai neuroni come “una folla neurale, una forma di raduno sociale densamente affollato con più struttura e obiettivi di una folla”, cioè un insieme caotico di voci che man mano si auto-organizzano e ri-organizzano in una struttura più ordinata.
I soggetti di questa “folla neuronale” sono “una “rete” formativa di stati dinamici che coinvolge i rami sottili delle cellule cerebrali (chiamati “dendriti”, latino per “piccoli rami”) e le loro connessioni (membrane, cellule gliali, sinapsi chimiche e giunzioni elettriche” al cui livello si forma l’ologramma neuronale (holoscapes – letteralmente “paesaggi olografici”) e più oltre i “circuiti composti da grandi fibre (assoni)”. È una visione del cervello/mente come un “web” informativo in cui i nodi informativi sono distribuiti nei dendriti e le loro onde di interferenza olografiche, e quindi radunati e comunicati dalle autostrade informative costituite dagli assoni dei neuroni, a loro volta organizzati in rete neurali funzionali.
Di questo modello una miniatura accessibile e ben studiabile è costituita dalla retina e dal nervo ottico, come Pribram spiega nel paragrafo “La retina: la chiave per l’elaborazione formativa del cervello”. Pribram ha concentrato la sua attività di ricerca soprattutto sui modelli di come si forma la visione nel nostro cervello, per cui in questo capitolo va molto nel dettaglio. Parlando di un altro scienziato, ma evidentemente pensando anche a sé, Pribram dice che “era interessato a come funziona il cervello, come regola il modo in cui opera il corpo e come rende possibile la nostra esperienza cosciente”. E in effetti è, in questo contesto, anche quello che interessa a noi trainer NeurOptimal ®.
La retina è un ottimo argomento di studio, nell’ottica di Pribram, perché “la retina, come la corteccia cerebrale, è costituita da strati di cellule nervose con la stessa profusione di rami a fibre fini” e perché “tutto ciò che “vediamo” viene prima elaborato dalle fibre fini della retina prima che vengano effettivamente generati impulsi nervosi”.
Segue quindi una disamina completa dei risultati della ricerca di Pribram e colleghi: queste ricerche nel loro insieme dimostrano la presenza nel cervello a livello dei dendriti di un “Web Neuro-Nodale” che deve essere la sede delle principali elaborazioni del cervello; elaborazioni che vengono poi raccolte dagli assoni neuronali e attraverso i circuiti cerebrali arrivano poi alla diverse parti funzionali del cervello e quindi trasmesse al corpo. Si tratta di un modello affascinante, simile alle “reti neurali” e su cui viene sviluppata buona parte dalla Intelligenza Artificiale (AI) che tanta parte ha nell’attuale sviluppo della capacità computazionale: è anche una metafora potente che possiamo usare nel parlare con clienti e colleghi.
In particolare è interessante l’introduzione dei termini “Eteroarchia” e “Gerarchia”: sostanzialmente Pribram descrive lo strato olonomico come una “folla” che si auto-organizza in modelli vibratori olonomici, mentre poi gli assoni neuronali e i circuiti neurali danno struttura gerarchica alla organizzazione/conoscenza che è stata fondamentalmente immagazzinata elaborata a livello dei dendriti. Sono due processi che oscillano e collaborano tra di loro, ed è di particolare interesse capirlo per noi trainer NeurOptimal®: le informazioni immagazzinate ed elaborate a livello dei dendriti si auto-organizzano ed “emergono” a livello dell’attività elettrica sullo scalpo; qui i sensori di NeurOptimal® rilevano l’attività elettrica, la trasmettono attraverso lo zAMP agli algoritmi di NeurOptimal® ; questi a loro volta, “conoscendo” e “rispecchiando” la matematica di questa auto-organizzazione, intercettano quella che chiamiamo “variabilità emergente” e lo comunicano a un processo di alto livello cognitivo (l’udito impegnato a seguire la musica) come l’informazione minima del feedback negativo rappresentato dall’interruzione della musica; il processo cognitivo a sua volta trasmette questo “quanto di informazione” allo strato olonomico, che si ri-sincoronizza/ri-organizza attraverso il caos… E il gioco è fatto!
Il “Capitolo 4” e nel “Capitolo 5” da Prima indaga infine come tutte queste informazioni sono codificate nel nostro cervello. Con un bel lirismo, l’esergo iniziale di Ovidiou Lipan dice che “viviamo in un mare di vibrazioni, rilevandole attraverso i nostri sensi e formando impressioni di ciò che ci circonda decodificando le informazioni crittografate in queste fluttuazioni”. Godetevi questo momento poetico perché adesso il bello: la “matematica che ci sta sotto”, e, insomma, è un po’ impegnativa.
Pribram parte a parlare del suo gruppo di appartenenza, che ironicamente chiama “i fanatici della frequenze”, dei quali dice che “l’idea centrale era che il nostro sistema visivo rispondesse alla dimensione spettrale e di frequenza della stimolazione proprio come il sistema uditivo risponde alle oscillazioni che determinano l’intonazione e la durata del suono”.
Passando attraverso gli esperimenti sulla visione in cui alle cavie di esperimento vengono mostrate varie figure di linee, rettangoli e “motivi scozzesi a plaid” e corrispondentemente ne vengono studiate le risposte a livello neuronale, Pribram man mano si avvicina al tema delle “Trasformate di Fourier”, ovvero elaborazioni matematiche che permettono di “semplificare” le informazioni più complesse e a trasformarle in “brevi” sintesi numeriche senza però troppo perdere di dettaglio. Riapplicando la trasformata di Fourier si riottiene infatti l’immagine inziale, a meno talvolta di qualche piccola perdita di dettaglio. Perché ci interessa questa matematica? Perché Pribram spiega nei suoi paragrafi che è esattamente la matematica messa in atto dai nostri sensi e dai neuroni, e ancor più ci interessa perché è la matematica di base che governa NeurOptimal®.
Le tappe e le spiegazioni che seguono, nel discorso di Pribram, sono di una certa complessità per chi non è avvezzo a questi “vezzi matematici”, ma val la pena di far la fatica di scalare queste pareti per giungere alla vetta della visione generale che Pribram offre.
Riemerge prepotentemente Pitagora (ve lo ricordate? quello della forma-modello-pattern…) attraverso lo studio della “matematica della superficie curva” della retina: essa non ha una matematica “piatta” (euclidea) ma “curva” (rimanniana) in cui la fanno da padrone “archi, angoli e coni pitagorici, non punti e linee della geometria euclidea”. Si arriva quindi a togliere di mezzo l’idea che il nostro cervello sia percorso e governato da “onde” (alfa, beta, gamma, delta…) quanto piuttosto da “la frequenza delle oscillazioni espresse come wavelet”: e qui la matematica, e la comprensione di conseguenza, si fa un pochino dura.
Quel che ci interessa è che si arriva a comprendere (almeno a intuire…) che le matematiche di base dell’elaborazione del cervello sono le Trasformate di Fourier, le funzioni e i filtri “wavelet” di Gabor, i “pacchetti (quanta) di informazioni” di Gabor, gli spettrogrammi e le trasformazioni di base della meccanica quantistica… ovvero gli stessi elementi che, per quanto anche qui intuiamo, sono usati estensivamente dagli algoritmi di NeurOptimal® durante le sessioni.
Con una semplificazione radicale, minimalista e del tutto approssimativa, potremmo dire che NeurOptimal® elabora 256 volte al secondo lo spettrogramma dei segnali elettrici, cioè applica la “Fast Fourier Transform” (una versione pe PC “veloce” e “finita” della trasformata matematica di Fourier che ha il difetto di essere “infinita”) e la scansiona continuamente con banchi di filtri wavelet di Gabor, in cerca di eventi significativi, degli “spot” in forma appunto di Wavelet che indichino la presenza di una “configurazione significativa” che viene poi segnalata al cervello con il meccanismo delle interruzioni. È una semplificazione brutale; bisognerebbe parlare delle trasformate ortogonale dei sistemi convessi, della formazione dei “tunnel”, cioè di specie di “valli strette” negli spettrogrammi che si comportano come “fasori”… Ma quel che ci deve restare è che il compito di NeurOptimal® è di implementare semplicemente una “matematica-specchio-del-cervello” perché esso intercetti le informazioni essenziali alla propria auto-ri-organizzazione, e quindi il raggiungimento di una “omoeostasi dinamica” che porta alla condizione di raggiungimento di un “benessere generale” del cervello del nostro cliente: che, come Val Brown continuamente richiama, è l’unica cosa che ci interessa e che tracciamo nel processo NeurOptimal®.